Alcune particolarità rendono “La Rocca” di Sedini unica nel suo genere, al punto che un noto artista l’ha definita “la cattedrale delle domus de Janas”
La prima è che si trova nella via principale del paese, all’interno del centro storico e non, come nella maggior parte dei casi, in luoghi sperduti o difficilmente raggiungibili.
La seconda è che è stata realizzata in un enorme masso che si trova tutto in superficie e per questo motivo, probabilmente, viene considerata la più grande della Sardegna.
La terza particolarità è che, pur avendo mantenuto una parte delle sue caratteristiche originali, nei secoli ha subito diverse trasformazioni ed utilizzazioni che l’hanno resa parte viva del paese: è stata prigione, luogo di ricovero per animali, negozio, sede di partito e abitazione privata. Una parte conserva intatta la struttura medievale, con il focolare scavato al centro della stanza nel pavimento roccioso e scale a chiocciola ricavate nella viva roccia. A metà degli anni ’90 è stata acquisita dall’amministrazione comunale e trasformata nel tempo in sede naturale di museo permanente delle tradizioni etnografiche di Sedini e dell’Anglona.
All’interno vi si possono ammirare:
una mostra fotografica sul territorio di Sedini (paesaggio, siti archeologici, flora e fauna);
una mostra etnografico-antropologica di oggetti e utensili di uso quotidiano, domestici e da lavoro, a partire dal 1700;
pregevoli “ricostruzioni ambientali”, con oggetti di ottimo pregio espositivo della vita quotidiana anglonese e della tomba neolitica.
La storia
Le Domus de Janas sono delle strutture sepolcrali preistoriche costituite da tombe scavate nella roccia. Si trovano lungo tutto il bacino del Mediterraneo, ma particolarmente in Sardegna dove si possono scorgere in tutto il territorio dell’isola sia isolate che in grandi concentrazioni costituite spesso da più di 40 tombe. In lingua sarda il termine “domus de janas” significa case delle fate o delle streghe.
A partire dal Neolitico recente fino ad arrivare all’Età del Bronzo antico, queste strutture caratterizzarono tutte le culture prenuragiche. Ne sono state ritrovate più di 2.400 (più o meno una ogni chilometro quadrato) e molte rimangono ancora da scavare. Sono sovente collegate tra loro a formare delle vere e proprie necropoli sotterranee con in comune un corridoio d’accesso ed un’anticamera, spesso assai spaziosa e dal soffitto altod2.
Gli archeologi sostengono che siano state scavate e decorate tra il IV ed il III millennio a.C. durante il periodo in cui sull’Isola si diffuse la cultura di Ozieri (Neolitico finale 3200-2800), ma gli scavi effettuati nella necropoli di Cucurru is Arrius a Cabras hanno permesso di retrodatare le sepolture e di situarle nella cultura di Bonu Ighinu (Neolitico medio 4000-3400). Le genti di cultura di Ozieri in quel periodo si diffusero su tutta la Sardegna cambiando il modo di vivere delle popolazioni neolitiche sarde. Molto probabilmente venute dal mare, erano genti laboriose e pacifiche, dedite all’agricoltura e con una particolare religione che aveva una corrispondenza nelle lontane isole Cicladi. Adoravano il Sole e il Toro, simboli della forza maschile, la Luna e la Madre Mediterranea, simboli della fertilità femminile. Statuine stilizzate della Dea Madre sono state spesso ritrovate in queste sepolture e nei luoghi di culto.
Le grotticelle funerarie sono state scavate su costoni in cui affiorava la roccia viva, una vicino all’altra così da formare nel tempo delle vere e proprie necropoli. Anche se presenti in altri siti mediterranei, sull’Isola acquistano un carattere di unicità e straordinarietà per l’accurata lavorazione, per i caratteristici aspetti architettonici e le ricche decorazioni che richiamano quelle che furono le case dei vivi (ma su scala ridotta, si pensa, più o meno alla metà), dando una precisa idea di come in realtà fossero costruite le case dei paleosardi cinquemila anni fa. Si possono perciò trovare grotticelle a forma di capanna rotonda con il tetto a forma di cono, ma anche con spazi rettangolari e a tetto spiovente, provviste di porte e di finestre. Le pareti poi venivano spesso ornate con simboli magici in rilievo, rappresentanti corna taurine stilizzate, spirali ed altri disegni geometrici. Molto numerose sono infatti le rappresentazioni naturalistiche o schematiche della testa taurina o delle sole corna che «testimoniano il culto di una divinità principio di rigenerazione per i defunti in quanto simbolo della vita e della potenza fecondatrice. Accanto alla decorazione in rilievo compare anche quella incisa e quella dipinta, quest’ultima documentata in particolare nella celebre tomba di Mandra Antine di Thiesi. Compaiono motivi lineari e geometrici, quali zig-zag, spirali, dischi, talvolta di grande valore simbolico».
Seguendo particolari riti, il defunto veniva trasferito da quella che durante la sua vita fu la sua casa abituale, in un’altra casa, secondo un antico principio ideale – proprio di queste genti – che presupponeva la continuità eterna dell’essere umano. I corpi venivano deposti in posizione fetale e – si pensa – venissero dipinti con ocra rossa, così come le pareti della tomba stessa. Accanto alle spoglie venivano deposti oggetti di uso comune facenti parte del corredo terreno del defunto e si pensa anche che venisse lasciato del cibo per il viaggio ultraterreno. Nel tempo i corredi funebri venivano rimossi per far luogo a nuove deposizioni e questa usanza ripetuta nei secoli ha impedito una miglior conoscenza del fenomeno e per questa ragione le ipotesi che le domus de janas fossero destinate ad un unico gruppo familiare resta non provata.
L’archeologo Giovanni Lilliu su questo argomento ha scritto che: « ..i cadaveri erano sepolti, non di rado, sotto bianchi cumuli di valve di molluschi. Ma tutti portando con sé strumenti e monili della loro vita terrena: punte di frecce di ossidiana, coltelli e asce di pietra, ma anche collane, braccialetti ed anelli di filo di rame ritorto, e tante ceramiche». Altre ipotesi sostengono che il corpo veniva lasciato all’aperto per scarnificarsi e solo dopo, quando era ridotto ad uno scheletro, veniva riposto nelle grotticelle.
Per quelle domus più complesse gli archeologi pensano ad un disegno costruttivo unitario seguendo una particolare planimetria a forma di T o a forma di croce. L’accesso è costituito da un lungo corridoio che immette in una anticella per poi raggiungere una cella centrale sulla quale si affacciano le varie cellette funerarie. Oltre alla cultura di Bonuighinu e a quella di Ozieri, anche le successive culture prenuragiche utilizzarono le Domus de janas. Sporadicamente furono occupate anche durante la Civiltà nuragica ed in età storica.
(da Wikipedia, L’enciclopedia libera. www.wikipedia.it)